Il sistema finanziario mondiale attuale ha perso completamente il contatto con l’economia reale. Quella fatta di lavoro, di fatica e di prodotti utili, durevoli e riciclabili che non diventano rifiuti o gas serra una volta arrivati a fine ciclo. L’attuale crisi economica è la diretta conseguenza di questo infernale sistema che produce ricchezza dal nulla (il denaro).
Una ricchezza che non è legata più ad alcun valore reale, ma che comunque poi, una volta prestata a qualcuno (in particolare agli Stati sovrani e i loro popoli), diventa un debito assoluto che dovrà essere ripagato con tanto d’interessi. E chi non riesce a pagare tale debito, deve almeno cedere a prezzi irrisori le materie prime e le risorse presenti nel suo territorio. E’ così che si sta continuando a rubare il futuro alle future generazioni.
Una situazione che si aggraverà pesantemente con la pandemia da coronavirus: è ormai certo. Occorre quindi che le risorse finanziarie messe a disposizione dai governi dei nostri paesi vengano utilizzate per creare lavoro vero e non vengano utilizzate per pagare debito (che in realtà non si ripagherà mai). Altrimenti rischiamo una catastrofe economica che determinerà effetti peggiori della prima e della seconda guerra mondiale messe insieme. Mi spiego meglio con un esempio personale che forse potrebbe essere utile anche a Ivanka Trump, la figlia dell’attuale Presidente degli Stati Uniti d’America.
Le guerre mondiali (sperando che siano state l’ultima e la penultima che l’intera Umanità ha dovuto sopportartare) la mia famiglia le ha dovute affrontare e superare in due luoghi diversi: in quello di origine, in Friuli, e in quello d’immigrazione, in Agro Pontino. Dopo la seconda guerra globale, a seguito del cosiddetto “sbarco di Anzio”, i miei parenti si ritrovarono la casa (un podere costruito appena 11 anni prima) completamente distrutta, mentre nei terreni c’era una quantità impressionante di bombe inesplose. Malgrado questa drammatica situazione però, in appena tre anni, la mia famiglia riuscì non solo a ristrutturare la casa (stalla inclusa) e a rendere nuovamente coltivabili i terreni, ma anche a guadagnare il denaro sufficiente per riscattare l’intera proprietà, così come imposto dal regime fascista. Le cambiale è quella che si vede nella foto.
Quando da bambino chiesi a mio padre come fossero riusciti in quell’impresa che aveva del miracoloso, mi spiegò in cosa consiste l’economia dei fagioli e delle leguminose in generale.
Ogni contadino che coltiva la terra in uno dei tanti paesi del nostro pianeta sa che quando decide di seminare coltura impiegando dei semi che ha appositamente acquistato, ad esempio i fagioli, attuando le opportune pratiche agricole, senza l’uso di concimi chimici e pesticidi, otterrà con il raccolto una quantità molto più abbondante di quella inizialmente utilizzata. Il rapporto della produzione dei fagioli di solito è di 1 a 30. Coltivando mille chili di fagioli ne raccoglierà trenta tonnellate a fine produzione: l’abbondanza è insita nella Natura. Il lavoro quindi permetterà al contadino di utilizzare il ricavato per tre fondamentali destinazioni: ottenere del cibo per se e per la propria famiglia, avere una scorta di semi da riutilizzare per le future semine e destinare il surplus ottenuto, al netto delle prime due utilizzazioni, per pagare il debito dell’acquisto dei semi, per mandare a scuola i suoi figli e per intrattenere scambi commerciali con altri produttori.
Ma le piante leguminose (fagioli, piselli, fave, ecc.) hanno anche la capacità di fissare l’azoto atmosferico nelle proprie radici: elemento che usano poi proprio per produrre più semi possibile. Ma l’azoto è anche il principale fertilizzante per ogni tipo di coltura agricola e quindi con la tecnica della “concimazione verde” (detta anche sovescio), che consiste nel tagliare e interrare le leguminose prima che fioriscano e vadano in seme, abbindola alla concimazione con il letame maturo, la mia famiglia riusciva a produrre anche tanti tipi di erba fresca e tanto fieno. Ogni anno la quantità era sufficiente per allevare circa 60 mucche: un numero di capi di bestiame che che all’epoca era considerata una fortuna.
Mi ricordo personalmente l’espressione beata delle mucche quando mangiavano quell’erba fresca e il fieno. Risultato: latte e carne erano di qualità eccezionali.
Ed ecco spiegato il nostro piccolo “miracolo economico”: ricorrere alla Natura (fagioli), assecondarla nei suoi cicli biologici (concimazione verde), agevolarne la biodiversità (erbe fresche e fieno), metterci tanto lavoro (ma proprio tanto) per poi ottenere alimenti e prodotti abbondanti, gustosi e sani.
Una lezione che dovrebbero imparare a memoria soprattutto coloro che, malgrado il Covid 19, continuano ad arricchirsi con la speculazione finanziaria, il depauperamento delle risorse naturali, le guerre, il debito degli Stati sovrani.
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