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Home Alimentazione e Salute Agricoltura Biologica

Le città salveranno le api

Nelle metropoli si comincia ad allevare questi nostri indispensabili alleati, con risultati sorprendenti

by Roberto Lessio
18 Agosto 2020
in Agricoltura Biologica, Alimentazione e Salute, Ambiente, Bene comune, Biodiversità, Cambiare si può
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Le città salveranno le api
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Mele, ciliegie, mirtilli e altri frutti stanno diminuendo sempre di più negli Stati Uniti a causa della mancanza di insetti impollinatori. Lo ha dimostrato lo studio più completo nel suo genere realizzato e compiuto dalla Rutgers University di New Brunswick (New Jersey – USA). La stesswa cosa sta accadendo anche in Europa. Dalle api mellifere, sia quelle allevate dagli apicoltori che quelle selvatiche, dipende gran parte della produzione mondiale di frutta (si stima circa il 30% della totalità dei raccolti agricoli) ed il calo  dell’impollinazione potrebbe causare preoccupazioni per la sicurezza alimentare.
E’ noto infatti che con l’impollinazione questi preziosi insetti forniscono molti micronutrienti essenziali che oltre a rendere i frutti più saporiti, li fanno diventare anche più sani. Gli ultimi dati di altre ricerche confermano che la morte delle api sta crescendo ad un ritmo sempre più veloce soprattutto nelle campagne a causa dell’uso massiccio di pesticidi (i neonicotinoidi in particolare, come vedremo più avanti).
Quello che però non si riusciva a capire fino ad alcuni anni fa erano le cause di questo preoccupante fenomeno. Dalle ricerche si è poi scoperto che la loro morte viene causata dall’effetto di un doppio attacco parassitario. Il primo è un virus (il DMV), che provoca la deformazione delle ali, la paralisi delle gambe e in generale ridotte dimensioni del corpo degli insetti. Il secondo è un acaro predatore (la varroa), che attacca principalmente la pancia delle api adulte, ma che è in grado di prendere di mira anche le larve.
LA GLOBALIZZAZIONE DEI PARASSITI…
In natura questi due parassiti non costituiscono una grave minaccia per l’intera popolazione degli insetti melliferi, perché vengono a loro volta controllati da altri fattori naturali che ne impediscono la proliferazione. La diffusione di api originarie di diverse zone del pianeta, invece, ha fatto in modo che questi due parassiti si sviluppassero in ambienti squilibrati sotto il profilo ecologico, permettendo loro di riprodursi indisturbati. Questo doppio attacco ha iniziato così a colpire intere arnie, le casette delle api, determinando un fenomeno a catena denominato “Colony Collapse Disorder” (CCD), un vero e proprio collasso delle popolazioni, che ormai si è diffuso in tutto il mondo.
Tutto questo però fino a qualche anno fa riguardava soprattutto le popolazioni da allevamento, mentre negli ultimi anni si è scoperto anche le popolazioni delle api selvatiche, presenti normalmente nell’ambiente agrario, stanno morendo in percentuale sempre maggiore. Fin da subito a finire sul banco degli imputati sono stati i pesticidi, ma dato il loro larghissimo uso, soprattutto nell’agricoltura intensiva, era un po’ come cercare un ago in un pagliaio.
… E DEI VELENI
Vista l’importanza del problema e malgrado la solita sequela di ricerche più o meno serie che cercavano di smentirne risultati ormai così evidenti, le analisi scientifiche si sono presto concentrate negli ultimi anni su alcuni tipi di insetticidi, in particolare sui neonicotinoidi: una famiglia di prodotti chimici, derivati sintetici dalla nicotina, che dovevano costituire un’alternativa sicura al DDT, ma che poi si sono rivelati fortemente neurotossici anche per gli uccelli che si nutrono di insetti.
Un altro studio dell’Università dell’Illinois, pubblicato di recente (il 14 agosto 2020), ha determinato che  la popolazione complessiva di uccelli negli Stati Uniti è diminuita del 29% dal 1970, mentre quella specifica degli uccelli “da pascolo” (che si nutrono solo di vegetali) è diminuita di un allarmante 53%. Anche in questo caso la responsabilità sarebbe imputabile al maggiore utilizzo di insetticidi neonicotinoidi. Le ricerche scentifiche sul tema hanno appurato anche un ultimo mistero legato alla morte degli impollinatori: oltre a provocare nelle api vertigini, disorientamento e vulnerabilità alle malattie, i neonicotinoidi influenzerebbero negativamente la capacità riproduttiva dei fuchi, i maschi che fecondano l’ape regina. In particolare, ci sarebbe un abbassamento di quasi il 40% della quantità di spermatozoi.
RINASCITA URBANA
In questo contesto inquietante e poco rassicurante è emersa una possibile soluzione che solo in apparenza sembra inverosimile: allevare le api nelle città.
Iniziative simili sono state avviate alcuni anni fa a Berlino e a Zurigo, ma l’esperienza si sta rapidamente diffondendo in tutte le città del mondo: quella più sorprendente è stata realizzata nella capitale del Regno Unito. Gli scienziati della Queen Mary University hanno lanciato il “London Pollinator Project” per salvare le api autoctone della zona. I ricercatori hanno prima catturato e poi identificato alcuni esemplari di api con un apposito marcatore numerico posto sull’addome, come si fa con le magliette dei calciatori.
Hanno quindi liberato gli insetti. Contestualmente al rilascio delle api, gli abitanti di Londra sono stati invitati a piantare e seminare fiori di ogni tipo nei giardini, nei balconi, sulle terrazze e persino sui tetti delle case. Poi, gli stessi abitanti sono stati invogliati a partecipare ad un piccolo concorso (si vincevano 100 sterline) per premiare la foto che ritraeva le api numerate mentre raccoglievano i polline dai fiori delle loro case.
In sostanza, proprio mentre in tutto il mondo impazzava l’effetto Pokémon Go con la caccia ad animaletti immaginari sullo smartphone (fenomeno per fortuna è in fase di regressione), in questo caso si è andati alla ricerca e in aiuto degli esseri viventi veri e molto utili.
ECOLOGIA UGUALE A SANA ECONOMIA
L’iniziativa infatti ha avuto un evidente scopo di sensibilizzazione verso le esigenze ambientali degli insetti impollinatori in quanto nostri grandissimi ed indispensabili alleati. Ma la sensibilizzazione comportava anche un’informazione economica di fondamentale importanza: è stato calcolato che le api contribuiscono alla performance economica dell’Unione Europea per un controvalore di 14,2 miliardi di euro l’anno. Una “tassa” di circa 28 euro pro capite che ogni cittadino europeo dovrebbe pagare sotto forma di fiori. Soprattutto per questo è nato a livello globale il “Progetto Mondiale per le Api” (The World Bee Project): http://worldbeeproject.org
Le api sembrano aver gradito molto tali iniziative con una risposta riproduttiva al limite del commovente. Quasi dicessero a noi esseri umani che le città in cui viviamo saranno pure inquinate e invivibili, ma se gli offriamo un po’ di natura, anche loro lasciano la campagna, si mettono a lavorare e mettono su famiglia. E per lavorare, non hanno bisogno di fabbriche e ciminiere: bastano aiuole e balconi fioriti.
Come possiamo aiutare noi le api
1) Tagliare meno spesso le piantine e levare per bene sfalci e potature per permettere la fioritura
2) Non disturbare insetti e i loro nidi, in luoghi come bordure di prati e aiuole, aree  scoperte, siepi, alberi, legni morti o muri. Assicurargli dei ricoveri sicuri in cui possa vivere anche la generazione successiva, svernare per poi iniziare la nuova stagione estiva.
3) Attenzione nell’uso dei pesticidi: pensateci bene se sono davvero necessari prima di usarli e cercate alternative, soprattutto quando gli impollinatori sono attivi e stanno nidificando o durante la fioritura delle piante.
 
Tags: agricolturaapi
Roberto Lessio

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  1. Pingback: Dare lavoro, avere buon cibo e aiutare il clima con le foreste alimentari urbane – Natura e Futuro

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