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Home Bene comune

Scambi a chilometro zero per la ricchezza della comunità e la democrazia

Rafforzando l'economia locale i cittadini diventano più coinvolti e responsabili anche verso la politica

by Roberto Lessio
18 Luglio 2021
in Bene comune, Cambiare si può, La forza delle comunità, Politica, Potere dal basso, Soldi e Povertà
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Nella “tana del drago”, nuovi modi (vincenti) di fare politica
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Quando acquistiamo frutta e verdura da un agricoltore locale sappiamo che stiamo potenziando una struttura economica locale e a misura d’uomo. Quando invece acquistiamo qualcosa su Amazon, non facciamo altro che far diventare sempre più ricco il suo proprietario Jeff Bezos: l’uomo che ha già il patrimonio più grande al mondo e che ora avrebbe lasciato la sua azienda per dedicarsi ad attività filantropiche. Piccolo inciso: che Dio la mandi buona ai bisognosi di tutto il pianeta, visti i precedenti dei super ricchi che ad un certo punto della loro vita decidono di dedicarsi alle attività umanitarie (vedi la vicenda della Fondazione Melinda e Bill Gates): questi precedenti non è che depongano molto a favore di questo tipo di vocazioni. Un proverbio italiano dice che “l’abito non fa il monaco” e quindi quando i super ricchi indossano i panni del buon samaritano non è che possono ottenere automaticamente la relativa considerazione umanitaria: la credibilità non si compra con i soldi. Nel caso degli acquisti su Amazon, restando nell’esempio, comunque sia non sapremo mai dove finisce e come verrà usato il denaro che abbiamo guadagnato con il nostro lavoro. Quando facciamo acquisti presso un agricoltore, un negozio di scarpe o una libreria locale invece si. Il futuro dell’economia mondiale sta tutta in questa enorme contraddizione: cioè tra scambi commerciali svolti con un confronto “faccia a faccia”, costruiti sulla reciproca fiducia e sul bene comune, ai quali si contrappongono scambi e acquisti anonimi, oggi dominanti, ma fatti con il clic di un computer, dove il fattore di attrazione è quasi esclusivamente il prezzo basso. Non a caso l’asfissiante pubblicità alla quale siamo esposti quotidianamente (e che al committente costa un sacco di soldi) punta tutto su questo unico parametro: il prezzo basso, a prescindere da come si forma il costo d’acquisto. Cioè se per caso, ad esempio, c’è di mezzo lo sfruttamento dei lavoratori (che non devono essere sindacalizzati) o l’imposizione delle proprie condizioni alle piccole imprese locali. Quella realizzata con i computer è una forma di commercializzazione che non richiede alcuna relazione umana tra chi vende e chi acquista. E in ultima analisi è una forma di commercio che esaspera, malgrado qualche altra pubblicità ingannevole, il concetto di economia lineare dell’usa e getta e della produzione di rifiuti (tipo il cartone per i pacchi) anche se ottenuti attraverso il riciclaggio delle materie. Non stiamo parlando di abolire il commercio internazionale (sarebbe stupido anche solo pensarlo) in nome di quel generico isolazionismo che va tanto di moda tra i sovranisti alla Nigel Farage e Matteo Salvini. Vogliamo solo sottolineare che quello proposto da Amazon, sempre ad esempio, è un modello economico che ha ben poco a che fare (diciamo pure nulla) con i criteri dell’economia circolare. Stiamo parlando quindi del modo in cui le comunità cercano e trovano le soluzioni migliori per mantenere nelle loro mani non solo la ricchezza prodotta, ma anche il potere e i processi decisionali che derivano dal quel denaro. Lo stesso denaro che, tra l’altro, con il canale della commercializzazione anonima finisce molto spesso nei paradisi fiscali. Fare acquisti nella propria zona significa sostenere e dare valore alle imprese e alle aziende locali, quelle che più delle altre vengono fatte chiudere dai pacchi di Amazon e dalle grandi concentrazioni di monopolio che si sono realizzate a livello globale negli ultimi decenni. E, com’è nello stile di questo sito, non parliamo affatto di utopia, ma di realtà ormai consolidate che non compaiono mai nelle comunicazioni dei grandi mass media.

Parliamo quindi di orti comunitari coltivati anche a fini didattici, di banche municipali e di cooperative del credito, di organizzazioni che danno accesso gratuito ad Internet con wi-fi libero, di associazioni che creano monete alternative per sostenere l’economia locale, di organizzazioni che hanno realizzato delle vere e proprie centrali fotovoltaiche installando i pannelli solari sui tetti delle loro case, dei gruppi di volontariato che oltre alle catastrofi naturali riescono a far fronte anche alla pandemia da Covid 19, di cooperative di contadini che preservano i semi locali contro lo strapotere delle multinazionali agro-chimico-industriali, di imprese sociali che comprano terreni agricoli per sottrarli dalla proprietà privata. Parliamo quindi delle tantissime esperienze in giro per il mondo che promuovo e affermano il nostro innato desiderio umano di connessione gli uni con gli altri e con la madre terra. Sono tutte esperienze che stanno cambiato le abitudini di consumo e che stanno avendo un impatto positivo sulle comunità che le intraprendono e portano avanti. Questo cambiamento, in particolare sta determinando un forte rafforzamento della democrazia interna alle stesse comunità: anche questo non sta avvenendo per caso. E’ in questo modo che si formano, soprattutto tra i giovani, cittadini più impegnati, anche in senso politico, nell’interpretare e nel rispondere ai reali bisogni delle persone. Il fattore chiave sta nel comprendere che i singoli consumatori isolati dai clic sul computer e dai carrelli della spesa al supermercato non contano e non conteranno mai nulla. E’ in questo modo che si sono creati e si stanno espandendo sempre di più i grandi monopoli internazionali. Al contrario quando le singole persone si coalizzano in comunità diventano allo stesso tempo consumatori più responsabili e cittadini più coinvolti e impegnati. Qualcosa che somiglia molto ad una economia della felicità basata sulla condivizione, sull’esempio di quanto accaduto nella città di Frome, in Inghilterra. Il passo successivo sarà poi quello di influenzare con le politiche locali diffuse nel territorio anche le scelte che si compiono a livello regionale, statale e internazionale. Questo altro passaggio, ovviamente, non sarà affatto semplice da realizzare ma, come amiamo ripetere, ogni lungo cammino inizia con il primo passo. E comunque, a prescindere di come vada finire quel cammino, non saremo costretti ad aspettare che i Jeff Bezos e i Bill Gates di turno scoprano, proprio quando sono diventati già troppo ricchi, la loro presunta vocazione umanitaria.

Leggi anche su questo sito:

Lo sfruttamento che mettiamo in tavola tutti i giorni

Tags: bene comuneil potere dal bassola forza della comunità
Roberto Lessio

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