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Home Economia circolare

Nature economy, business che valorizzano la natura

Copiando dalla natura, anziché sovvertendola, molte aziende stanno sviluppando una nuova economia

by Roberto Lessio
21 Novembre 2020
in Economia circolare, Lavoro e Occupazione, Nuove imprese, Seguire la Natura
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Nature economy, business che valorizzano la natura
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Fino a qualche anno fa l’idea di assoggettare le forze della natura alle nostre volontà di esseri umani era egemone. La nostra economia era ed è basata ancora oggi su questo concetto completamente sbagliato ed insostenibile di progresso e di sviluppo.
Su questa semplice constatazione si sta sviluppando spontaneamente, tra persone e comunità che ricorrono semplicemente al buon senso, una nuova forma di economia che noi abbiamo definito “Nature Economy”; cioè fare economia, produrre cose, reddito e lavoro, imparando e “copiando” qualcosa che ordinariamente avviene in natura. Gli esempi sono ormai innumerevoli.
PNEUMATICI CON L’ERBA
Il “dente di leone”, meglio conosciuto da noi come taràssaco, è un’erba spontanea diffusissima alle nostre latitudini. È ottima per ampliare il sapore e il gusto di insalate miste ed altri contorni. In commercio la si può acquistare anche come concentrato liquido. Ma a qualcuno è venuto in mente di utilizzare le essenze estratte da questa erba, conosciuta fin dall’antichità anche per le sue qualità medicamentose, per ottenerne pneumatici. Sì, avete letto bene: pneumatici per le nostre automobili e per ogni genere di veicolo. Il problema se lo è posto la multinazionale tedesca Continental, attualmente tra i leader mondiali proprio nella produzione di pneumatici, che ha introdotto questa nuova tecnologia da qualche anno, almeno in Germania. Grazie alla preziosa collaborazione con l’Istituto scientifico Fraunhofen di Münster (sempre in Germania), specializzato in biologia molecolare ed in ecologia applicata, i ricercatori hanno scoperto che il taràssaco può avere proprietà produttive adattabili a quella della gomma naturale. Quest’ultima viene estratta ogni anno a migliaia di tonnellate dalle specifiche piante che la producono nei paesi sub-tropicali con enormi costi di estrazione e di trasporto in tutti i continenti al fine di produrre proprio i copertoni delle nostre automobili. La gomma naturale viene oggi miscelata con prodotti ottenuti dalla raffinazione del petrolio (il cosiddetto nerofumo – altamente cancerogeno), con altissimi costi industriali e ambientali. I copertoni poi, una volta esaurita la loro utilizzazione, hanno ingenti costi di smaltimento. Tanto che qualcuno ha pensato di farne del combustibile per alimentare gli inceneritori (con o senza recupero energetico), smaltendoli direttamente in aria e facendoceli respirare a nostra insaputa. Coltivando questa pianta erbacea, anche su terreni che normalmente non sono adatti a coltivazioni agricole, i ricercatori hanno ottenuto una sorta di latte che può integrare la gomma estratta dagli alberi (che comunque risulterà solo il 40% della composizione finale). La versione “naturale” di tali pneumatici ha tre vantaggi: 1) mentre l’albero della gomma ha bisogno di almeno tre anni prima che possa essere sfruttato, il taràssaco può essere raccolto ed utilizzato già nell’anno di semina; 2) è   meno vulnerabile ai parassiti; 3) non richiede un clima sub-tropicale e può essere piantato su terreni poco produttivi per l’alimentazione umana, non entrando in competizione con la produzione di cibo e mangimi. E’ stato calcolato che basterebbe una superfice coltivata di 100.000 ettari a taràssaco, corrispondenti ad un quadrato con il lato di 10 km (lo 0,5% della superfice agricola utilizzabile tedesca), per soddisfare l’intero fabbisogno della produzione di pneumatici in Germania. Senza contare il fatto che la pianta ha come sottoprodotto l’inulina, accumulata nelle sue radici, che è una fondamentale fibra a fini dietetici.
LA NUOVA PLASTICA DAI FUNGHI
Gli scarti agricoli e gli intrecci filamentosi che costituiscono una sorta di radici per i funghi (i cosiddetti miceli), sono gli ingredienti alla base di prodotti che stanno rivoluzionando i materiali plastici e gli imballaggi. Una rivoluzione nata alcuni anni fa, dall’intuizione di due ragazzi americani. Quando erano ancora studenti del Rensselaer Polytechnic Institute, Eben Bayer e Gavin McIntyre s’inventarono un prodotto interamente composto di materia organica e biodegradabile, molto robusto, economico, capace di agire proprio come la schiuma chimica derivata dal petrolio e candidato a rimpiazzare l’onnipresente polistirene. Hanno poi messo su la Ecovative, azienda che ha prodotto il primo imballaggio eco-sostenibile al mondo, con un brevetto utilizzato ad esempio da un colosso dell’elettronica come la Dell computer per imballare i pc. La geniale trovata può aiutare tantissimo l’ambiente e l’economia; ma già ora consente di realizzare prodotti industriali grazie alla natura. Oltre agli imballaggi, che costituiscono una parte importante dei nostri rifiuti urbani, si possono ottenere oggetti (perfettamente biodegradabili in 90 giorni) di larghissimo consumo e a basso costo: bicchieri, contenitori, plastiche, adesivi, tavole da surf, calzature e materiale da costruzione (sono già in commercio degli ottimi bio-pannelli isolanti, naturalmente resistenti al fuoco, senza sostanze ignifughe tossiche). Un business floridissimo e sostenibile che può contare su una grande disponibilità e rapida rinnovabilità delle materie prime: gli scarti vegetali (rifiuti della lavorazione di legno e del riso, fibre di cotone, ma anche farina) costituiscono il materiale di alimentazione per il micelio dei funghi che si propaga naturalmente nel terreno come se fosse un sistema nervoso, raggiungendo delle volte dimensioni enormi. Tanto che il più grande essere vivente mai conosciuto al mondo è proprio un fungo. Con una superficie di 9 km quadrati (pari a circa 1.200 campi di calcio), una Armillaria ostoyae, scoperta in America, è entrata nel Guinness dei primati. Non a caso i funghi sono gli esseri viventi più diffusi sul nostro pianeta. La società dei due intraprendenti giovani inventori, ad esempio, ha in atto una collaborazione con la Puma per creare delle infradito bio, capaci di sciogliersi anche nell’acqua di mare, contrariamente a quanto succede per la plastica ottenuta da sintesi chimica.

BICI E MOTO FATTI CON LE CANNE

Chi vuole muoversi in modo ecologico, sicuro e comodo a due ruote, ora ha disposizione una soluzione ottimale. The Beast (letteralmente: la bestia) è la prima e-bike, con il telaio interamente in bambù. Lo ha realizzato una società danese, mentre un inventore olandese poi ha realizzato persino una moto con il telaio di bambù. A tenere insieme i vari pezzi è una particolare resina altamente adesiva, anch’essa di origine naturale. Queste idee progettuali rischiano di rivoluzionare completamente i materiali dei nostri mezzi di trasporto. Sulla stessa scia si sta muovendo una società svizzera che intende sostituire con fibre naturali (in particolare ottenute dal lino, dalla canapa e dal kenaf), i metalli, le plastiche, le fibre di carbonio e persino i vetri con cui si costruiscono le automobili. Il materiale che si  ottiene dai vegetali, oltre ad essere molto più leggero, è persino più resistente ad urti e torsioni rispetto ai materiali classici.
PANNELLI SOLARI SPRAY
Qualunque superficie può diventare una piccola centrale elettrica grazie alla tecnologia “spray”: quella che si vede nella foto qui a sinistra è su un vetro. I pannelli fotovoltaici vengono realizzati con una sorta di stampante ad inchiostro oppure letteralmente spruzzati e messi in opera senza costi burocratici su qualsiasi superficie, anche una borsa o una tenda o sulla cappotta della macchina ad esempio, e non hanno più il difetto originario di decomporsi dopo pochi mesi. Sono già in produzione da una ditta statunitense in Germania.

 

CAPPELLA SISTINA “VERDE”
Da alcuni anni, grazie alla tecnologia a LED che consuma meno, i capolavori di Michelangelo saranno perfettamente visibili ed ammirabili nella Cappella Sistina – prima illuminata con luce fioca per preservarne i dipinti – , senza più pericolo che gli affreschi siano rovinati dai raggi ultravioletti delle lampade alogene. Inoltre, il Vaticano risparmierà sulla bolletta energetica. Papa Francesco, uno che fa ciò che predica e vuole una Chiesa rispettosa del Creato e senza sprechi, sarà contento.

 

 

Tags: businesseconomia ecologicaeconomylavoro e occupazionenaturanuove imprese
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